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Intervista a Bianchi (Presidente Confcommercio La Spezia): "La città ha bisogno di una rottura con il passato" In evidenza

Di Elena Faconti - Dopo le feste natalizie ed arrivata l'apertura ufficiale dei saldi, è tempo di bilanci per il commercio nella provincia della Spezia.

Con Gianfranco Bianchi, presidente di Confcommercio La Spezia, abbiamo fatto una riflessione sulle difficoltà che le attività commerciali hanno incontrato in questi anni e in quale direzione si dovrebbe muovere la nuova amministrazione per rilanciare l'economia locale.

È appena finito il 2016, tempo di bilanci; che anno è stato per il commercio nella provincia spezzina?
Non è stato certamente un anno positivo, i dati locali hanno evidenziato ancora un anno di crisi. Una crisi che sta diventando strutturale, avremo quindi davanti a noi un periodo, di diversi anni, in cui le nostre imprese dovranno dimensionarsi alla nuova situazione.

In che senso "dimensionarsi alla nuova situazione"?
Nel senso di rinnovare; quello che era certo lo scorso anno, oggi non è più certo. Dal 2010 in poi è cambiato tutto, e quindi anche le imprese, quelle che hanno resistito in questi anni, per andare avanti devono rinnovarsi, con innovazioni di sistema, di mercato e di prodotto. Innovare significa cambiare radicalmente, in tutti i sensi. È una sfida difficile e dura perché avviene in un momento di crisi generale, in cui i consumi ristagnano. Il Paese non potrà riprendersi fino a quando i consumi interni non ripartiranno, e tutte queste rigidità di bilancio imposte dall'Europa sono negative, perché non permettono il rilancio dell'economia italiana. Le imprese, al di là degli annunci del governo Renzi, non hanno le condizioni ottimali per favorire occupazione e rilancio economico.

Quindi ad oggi la politica nazionale ha fallito nel rilancio economico del Paese?
Tutte le riforme del governo Renzi sono state dei flop, lo dimostra il 60% dei no al referendum, che secondo me, non era solo un voto sulla riforma costituzionale, ma era un voto sulla politica del governo. È sotto gli occhi di tutti come la riforma delle Province abbia lasciato le Province nel guado; e la riforma delle Camere di Commercio ha distrutto una serie di corpi intermedi fondamentali per la democrazia del nostro paese, senza considerare ciò che le Camere di Commercio hanno dato alle varie economia locali investendo in infrastrutture. Il governo Renzi ha voluto distruggere i corpi intermedi che hanno sempre rappresentato un cuscinetto di garanzia democratico e di interlocuzione, ciò ha significato mettere le imprese a nudo senza un referente forte che potesse interfacciarsi con le amministrazioni e il governo. Tornando a parlare del commercio, il quadro generale non è positivo, internet, centri commerciali e outlet drenano risorse importanti al commercio tradizionale che si trova in mezzo a concorrenti molto più forti. Il piccolo commercio si trova a dover capire quale sarà il suo futuro, e il ruolo delle associazioni sarà quello di accompagnare il commercio in questo percorso, fornendo strumenti e servizi innovativi a trecentosessanta gradi. Questa è la nuova sfida per cui stiamo già lavorando come associazione. Ma ribadisco dalla crisi non credo che usciremo a breve, dovranno passare dai 10 ai 15 anni prima di poter tornare a dare stabilità ai mercati e all'occupazione.

Sta delineando un futuro non certo roseo...
Purtroppo la povertà, nella nostra provincia, è in aumento, le famiglie erodono i propri risparmi per aiutare figli e nipoti, è un momento veramente critico, per la società non solo per il commercio. Bisogna capire in momenti come questi che ogni scelta ha un valore importante, ad esempio, comprare nelle piccole attività commerciali significa dare una mano all'occupazione del proprio territorio, perché quello che si investe rimane sul territorio. Quello attuale è un quadro socio economico complesso a cui occorre un intervento di tipo amministrativo e legislativo; e la rigidità di questa Europa e di questa moneta non ci sta di certo aiutando...

Mi sta dicendo che una mossa come è stata la Brexit per la Gran Bretagna potrebbe aiutare l'economia italiana?
La Gran Breagna ha fatto una scelta giusta che nel medio-lungo termine la ripagherà sicuramente. Non bisogna mai avere paura dei cambiamenti politici e amministrativi. Oggi non abbiamo spazi di manovra, abbiamo perso gran parte della nostra sovranità, si sta smantellando il nostro sistema di imprese in cambio di una ipotetica libera concorrenza di mercato che ha però distrutto l'economia del paese. Questo non significa uscire drasticamente dall'euro, rompere con l'Europa, ma significa fare valere, insieme ai paesi che hanno le nostre caratteristiche, la differenza tra i paesi del nord Europa con un modello socialdemocratico storico, e i paesi mediterranei con un modello di tipo latino, meno stabile e più fragile.

Dopo questa riflessione di macroeconomia, a livello locale cosa chiede Confcommercio?
I dati Istat hanno ancora una volta reso noto come La Spezia abbia il reddito procapite più basso di tutto il Nord Ovest, con un costo della vita molto alto, le famiglie della provincia hanno quindi un potere di acquisto molto limitato. A livello demografico stiamo invecchiando, perché i giovani scelgono di andare via, questo significa privare la città di nuove energie. Altra riflessione, La Spezia negli anni è stata colonizzata da aziende come Enel, Snam e da cantieristiche varie, e la colpa maggiore che hanno avuto tutte le amministrazioni, che si sono succedute in città dal 1972 ad oggi, è di non aver avuto la capacità di portare centri di ricerca e sviluppo di tutte le aziende che hanno colonizzato la città. In un quadro come questo c'è bisogno di cambiamento, credo che la città abbia bisogno di una rottura netta con il passato. Finora abbiamo subito una politica della gestione del quotidiano; più volte ho detto che alla città serve coerenza e visione. Le faccio un esempio banale ma significativo, le ultime tre giunte hanno messo mano a tre piazze spendendo moltissimi soldi pubblici: piazza del Mercato che è uno scempio, piazza Sapri che è diventato uno spazio desolante, e piazza Verdi su cui stendiamo un velo pietoso. Anche solo dal punto di vista del recupero di tre piazze, le nostre amministrazioni hanno fallito. Se in città in questi anni si è mosso qualcosa è per l'intervento di soggetti privati, non certo per merito delle amministrazioni, per questo La Spezia ha bisogno di provare qualcosa di nuovo, occorre una visione, un accordo forte con chi oggi permette di realizzare progetti, come l'ente Regione; c'è bisogno di qualcosa di innovativo, di un innalzamento della qualità di chi amministra la città.

In particolare su cosa dovrebbe puntare la nuova amministrazione per il rilancio della città?
Se noi guardiamo i dati del turismo, La Spezia, pur essendo la Cenerentola delle province liguri, ha avuto un'importante crescita in questo settore. Abbiamo quindi davanti a noi un'opportunità imperdibile, che però richiede scelte pianificate, anche infrastrutturali, che favoriscano l'accesso al territorio (collegamenti stradali e autostradali, collegamenti marittimi, strutture ricettive accoglienti, un decoro urbano degno di una città turistica). La prossima amministrazione dovrà certamente investire su giovani, famiglie, anziani e fasce deboli, ma dovrà puntare sull'economia turistica, promuovendo linee guida e non azioni estemporanee, investendo e consentendo ai privati di operare al meglio nella promozione del nostro territorio, della nostra identità. La città in questo senso ha tutte le condizioni e le potenzialità per poter crescere nei prossimi cinque e dieci anni, altrimenti sarà un declino lento ma inesorabile.

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