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Avviato il processo autorizzativo per l'impianto di Saliceti, entro settembre l'esito In evidenza

Dovrebbe trattare ogni anno 60mila tonnellate di rifiuti organici provenienti dai Comuni liguri.

 

E’ stato presentato questa mattina in Regione Liguria, nell’ambito della Conferenza dei Servizi, il progetto dell’impianto di trattamento della FORSU (la frazione organica dei rifiuti urbani) che si prevede venga realizzato nello spezzino in località Saliceti (Vezzano Ligure).

 

Con questo incontro si avvia di fatto il processo autorizzativo che dovrà concludersi entro metà settembre 2020 per dare poi avvio, se concluso positivamente, alla fase realizzativa dell’impianto che tratterà annualmente 60.000 tonnellate di rifiuto organico provenienti dai Comuni liguri. Si tratta di uno dei 4 impianti, uno per provincia dello stesso tipo, previsti per il completamento della filiera di trattamento, al fine di rendere autonoma la Liguria e superare l’attuale situazione emergenziale che prevede il trasferimento dei materiali fuori regione.

L’impianto, che darà lavoro a circa 20 addetti, è un vero e proprio esempio di economia circolare, che consentirà di chiudere il ciclo dei rifiuti nel territorio ligure, valorizzando in particolare l’elevata percentuale di raccolta differenziata (oltre il 70%) nel territorio spezzino e darà un concreto contributo alla politica di decarbonizzazione (low carbon economy) in aiuto alle politiche di riduzione dell’effetto serra, per contrastare i cambiamenti climatici.

Il processo di trattamento dei rifiuti darà infatti luogo alla produzione di biometano per autotrazione (oltre 6.000.000 di mc annui, pari al fabbisogno di circa 10.000 automobili) e compost di qualità da destinarsi ad uso agricolo, che potranno essere utilizzati dalle aziende del territorio.

Fornite rassicurazioni anche sul punto della sicurezza delle falde acquifere, che è stato il principale oggetto delle richieste di integrazione formalizzate dalla Regione Liguria: sono state introdotte modifiche progettuali che prevedono sistemi di protezione aggiuntivi, quali guaine impermeabili, pozzi di intercettazione, e un sistema di monitoraggio attivo 24 su 24 in grado di individuare tempestivamente qualsiasi minima anomalia. Inoltre, sul punto, i risultati dello studio dell’Università di Modena-Reggio Emilia sgomberano il campo da ogni ulteriore dubbio: dalle simulazioni effettuate emerge infatti che, in caso di eventuali dispersioni, il tempo di raggiungimento dei pozzi acquiferi sarebbe di circa 200 giorni e, in ogni caso, la diluizione degli inquinanti sarebbe tale da risultare irrilevante.

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