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In viale Amendola rivive l'intuizione di Don Bosco In evidenza

Il vescovo e il sindaco hanno inaugurato i nuovi laboratori di cucina e sala bar nella sede del Ciofs.

Quando Don Bosco venne per la prima volta alla Spezia il 9 dicembre 1877, invitato dall’allora abate di Santa Maria Assunta don Domenico Battolla (lo stesso che pochi anni prima aveva benedetto l’Arsenale appena costruito), la città era alle prese con problemi sociali di grande rilevanza.

La popolazione era più che triplicata in pochi anni, e nuovi quartieri stavano sorgendo a ripetizione. Con i nuovi abitanti, c’era, allora il “pericolo” di nuove comunità religiose e soprattutto quello del laicismo.

Don Bosco capì subito come, per i tanti ragazzi e giovani di famiglie operaie, il problema formativo si legasse ad un altro tema, il lavoro e la sua preparazione. Per questo decise che Spezia sarebbe stata uno dei primi “laboratori” salesiani in Italia.

Oltre cent’anni dopo, nel 1996, quell’intuizione venne ripresa, in aggiunta alle opere salesiane di via Roma, dalle suore Figlie di Maria Ausiliatrice. “Guidate” idealmente da suor Maria Grazia Storace, aprirono infatti la sede spezzina del Ciofs, in origine l’ente salesiano di formazione femminile, oggi aperto a tutti, ragazze e ragazzi.

Si avviò un percorso innovativo che, in venticinque anni, ha visto più di cinquemila giovani formarsi nei locali di viale Amendola. Gli stessi dove, nella vigilia della festa di san Giovanni Bosco, il vescovo Luigi Ernesto Palletti e il sindaco Pier Luigi Peracchini hanno inaugurato i nuovi laboratori di cucina e sala bar, insieme alla targa che ora ricorda suor Maria Grazia, scomparsa lo scorso anno.

L’attuale direttrice, suor Nila Mugnaini, ha richiamato la frase del fondatore, “preparare buoni cristiani e onesti cittadini”, che, alla luce della dottrina sociale della Chiesa, richiede un’adeguata preparazione al lavoro quale strada maestra per ottenere quel risultato. Centocinquant’anni fa come oggi.

(testo di Egidio Banti)

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