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Flavio Torello Baracchini, "un fulmine dal cielo" In evidenza

Una piccola via spezzina, che collega Viale Nazario Sauro al quartiere di Pegazzano, porta il nome di Flavio Torello Baracchini, ma chi era costui?

Una piccola via spezzina, che collega Viale Nazario Sauro al quartiere di Pegazzano, porta il nome di Flavio Torello Baracchini.
Chi era costui? Oggi, un nome sconosciuto alla stragrande maggioranza di coloro che transitano in questa breve via, ma cento anni fa un personaggio di fama internazionale.
Baracchini fu infatti, secondo la bella definizione offerta da Gianni Bianchi nella copertina del libro che gli ha dedicato, ‘’ ...un fulmine dal cielo. La storia del più micidiale asso della caccia italiana’’
Un pilota di aerei del primo conflitto mondiale, di quelli che volavano su attrezzi molto precari, dotati di molto legno, di tela, di corde, facilmente esposti al fuoco nemico, da terra e dall’aria. Resta di lui un monumento ben visibile a Villafranca Lunigiana ed oltre alla via spezzina, c’è anche qualche testo che lo ricorda per il grande coraggio e talento aviatorio mostrato in guerra.

Baracchini era appunto un lunigianese, nato a Villafranca Lunigiana il 28/7/1895, studente alla Spezia dell’Istituto Tecnico che frequentò per intero nel capoluogo e che a 19 anni, appena diplomato, partì con i fratelli come volontario per la guerra contro l’Austria. Il suo incarico era quello, inizialmente , di radiotelegrafista: dapprima affascinato da una modernità inattesa, in un mondo militare che comunicava ancora con i piccioni viaggiatori (che a Spezia erano, appunto, ospitati al ‘’Colombaio’’, non lontano – anzi- dall’attuale via Baracchini), si accorse del destino di retrovia che lo attendeva e prestò attenzione proprio ad uno dei messaggi trattati, che chiedeva volontari ‘’per l’Aviazione’’. Da lì al suo trasferimento a Venaria Reale il passo fu breve: Torello (il nonno aveva questo nome particolare) cominciò a studiare la teoria del volo e in attesa delle prime prove pratiche pensò bene, impaziente, di salire non autorizzato su un apparecchio Hanriot della scuola di volo. Da terra lo osservarono ammirati, senza sapere chi fosse alla guida del velivolo: il comandante non lo punì, colpito dalla naturale predisposizione al volo di questo ‘’improvvisato pilota’’, ed il 31 marzo del 1915 giunse l’agognato brevetto.

Il 7 febbraio dell’anno seguente, il terribile 1916, Torello raggiunse la sua Squadriglia, la 7° del reparto di Ricognizione e Combattimento, schierata sul versante dell’Isonzo, con la qualifica di ‘’Aspirante’’. La prima missione di guerra (accompagnò un tenente ricognitore) arrivò il 1 aprile e già nella seconda uscita un guasto definitivo al motore esaltò le sue capacità, subito definite eccezionali, perché Baracchini riuscì a ritornare alle proprie linee solo planando, senza spinta, mitragliato da terra e dall’aria. In questi mesi Torello sviluppò una tattica particolare, durante i primi scontri con gli apparecchi austriaci. Era quella di salire in alto e piombare sull’avversario all’improvviso, come un falco, alla guida del suo Voisin. E in questo modo il 15 maggio Baracchini superò il suo primo avversario, il pilota di un Brandeburg austriaco: la prima vittoria ufficiale di una lunga serie. A Francesco Baracca, l’asso indiscusso della intera formazione aviatoria italiana durante la prima guerra mondiale, furono assegnate 34 vittorie in tre anni di attività. Flavio Torello Baracchini superò 31 apparecchi nemici in soli sei mesi!

La fama del pilota di Villafranca in quel tempo era veramente moltissima.
La stampa lo esaltava come ‘’il D’Artagnan dell’aria’’ e il suo velivolo, ora uno SPAD, era conosciuto anche dal nemico e molto temuto. Fu insignito della Medaglia d’oro al valor Militare, la prima in assoluto attribuita ad un pilota della ‘’Caccia’’: poi arrivarono due medaglie d’argento al Valor Militare e la decorazione all’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, il più giovane ad averla mai ottenuta. Due severe ferite limitarono il suo ciclo operativo: la prima fu una raffica al mento che lo ferì seriamente in volo, e durante il suo ricovero all’ospedale ‘’Volpe’’ di Udine, ricevette, nel giorno di Ferragosto 1917, la visita del Re Vittorio Emanuele III, accompagnato dal Presidente dell’alleata Repubblica di Francia, Poincarè.
Davanti al letto di Torello, il Re spiegò al presidente francese, ammiratissimo, le gesta del lunigianese: Baracchini era molto famoso in Francia, le sue azioni temerarie ed il suo soprannome (‘’D’Artagnan’’) lo rendevano amato dagli alleati d’oltralpe.

Il presidente Raymond Poincarè volle quindi assegnare al nostro pilota la ambita medaglia francese della Croce di guerra con palme. Il Re Vittorio, per non esser da meno -come ricorda Gianni Bianchi nel suo libro- volle ‘’motu proprio’’, attribuire un ulteriore riconoscimento, una medaglia d’argento al valor militare, nonostante da pochissimo fosse già stata assegnata quella d’oro!
La convalescenza vide Flavio Torello Baracchini molto spesso a Spezia per le cure, presso il gabinetto odontoiatrico del Dr Tornabuoni.
Tornato a volare, riprese la collezione di successi ma una nuova, molto seria ferita all’addome (un colpo sparato probabilmente da terra) lo costrinse a sospendere definitivamente i voli. Nel 1918 fu nominato tenente effettivo per meriti di guerra, e nel 1919 fu promosso capitano. Nel complesso egli ottenne una medaglia d'oro, due d'argento, il cavalierato dei SS. Maurizio e Lazzaro, tre promozioni per merito di guerra, la Legion d'onore, ed altre onorificenze straniere di assoluto prestigio.

Due volte venne espressamente ricordato nel Bollettino di guerra del Comando Supremo: fu il Generale Armando Diaz (che dopo Caporetto aveva sostituito Cadorna al Comando Supremo) a citare il pilota di Villafranca in Lunigiana il 23 ed il 26 giugno 1918, con queste parole:

Comando Supremo,23.6.1918: ‘Gli aviatori nostri ed alleati proseguono con non diminuito ardore la lotta......il tenente Flavio Baracchini raggiunse la sua 29° vittoria..’’
Comando Supremo,26.6.1918: ‘’vennero abbattuti sette velivoli avversari.....il tenente Flavio Baracchini ha raggiunto la sua trentunesima vittoria’’.
Il Corriere di Napoli del 26.6.1918, a firma Ettore Vincelli, scrisse al riguardo: ‘’Quando Baracca è caduto, il 19 u.s., Baracchini contava già 24 apparecchi abbattuti. In quattro giorni ne ha collocati in serie altri cinque e si è guadagnata la citazione personale sul bollettino di guerra!!...I giovani sono sempre le energie vive della Nazione....Ma Flavio Torello Baracchini è qualcosa d’altro: è un autentico eroe’’.

Si può ipotizzare oggi che il Comando Supremo volesse immediatamente superare lo shock della morte dell'Eroe nazionale Francesco Baracca con la (motivata e corretta) esaltazione delle gesta di un validissimo successore: appunto, Flavio Torello Baracchini, grazie anche a un molto più attento utilizzo dei media e degli ‘’uffici stampa’’ dell’Esercito che veniva fatto sotto la gestione del Generale Diaz.
Nella graduatoria ufficiale delle vittorie aeree omologate ai piloti italiani della Prima guerra mondiale, l'asso lunigianese figura soltanto al quarto posto con 21 successi, dopo Francesco Baracca (primo assoluto con 34 vittorie), Silvio Scaroni (26),e Pier Ruggero Piccio (24): ma che cosa era accaduto, se lo stesso Diaz citava ‘’...la trentunesima vittoria’’ nel Bollettino ufficiale del 26 giugno del 1918?
La graduatoria ufficiale potè comprendere infatti solo quelle vittorie per le quali si raggiunsero tutte le prescritte prove di accertamento e verifica (fra queste un rilievo fotografico) e, nel caso di Torello, ne rimasero escluse anche quelle attendibili, per le quali non fu possibile ottenere una completa prova documentale.

Amaramente, l'asso di Villafranca soffrì con gli intimi del fatto che fu con una lettera molto burocratica che, all'inizio del 1919, si chiedeva allo stesso aviatore di fornire, entro dieci giorni, prova documentale degli abbattimenti parzialmente validi...anni dopo, storici in grado di consultare la documentazione austriaca (cosa che già risultava possibile all'epoca) riconobbero la validità assoluta di almeno quattro dei dieci abbattimenti eliminati dal ruolino ufficiale di Torello Baracchini.

Nel 1921 Flavio Torello Baracchini fu una delle Medaglie d'oro incaricate di trasportare in spalla il feretro del Milite Ignoto, da inumare all'Altare della Patria, in una cerimonia definita da ogni osservatore, italiano e straniero, gigantesca: essere scelto tra i tanti candidati all'accompagnamento ultimo di questo simbolo assoluto era l’indice di una grandissima considerazione.
Eppure, subito dopo Baracchini si congedò, rinunciando a un futuro certo nell'Aviazione da Guerra.
Il Governo regalò ad ogni aviatore famoso un aereo in esubero dal conflitto ed anche Torello ebbe il suo, ma il rischio di un suo coinvolgimento nelle imprese fiumane di D'Annunzio portò le autorità a...sequestrargli il magnete, sì da rendere inutilizzabile il velivolo!

A questo punto Baracchini intraprese una romanzesca iniziativa organizzata da ex compagni di volo di guerra, che prevedeva la consegna di aerei a non meglio precisati sultani e califfi del Medio Oriente, ex potenti del decaduto Impero Ottomano. Si trattò di una fase piuttosto complessa nella vita di Torello, che lo vide anche rischiare qualcosa di più di un contratto non saldato in terre all'epoca veramente lontanissime, diversissime, pericolose.

Chiusa la breve parentesi, Baracchini si dedicò alla creazione di prodotti per l'aeronautica, in particolare materiale illuminante per voli notturni.
Morì prematuramente nell’agosto del 1928 a Roma, a seguito delle ferite riportate il 28 luglio di quell’anno, rimasto coinvolto in una esplosione nella sua ormai ben avviata fabbrica (lo ‘’Stabilimento Pirotecnico Baracchini’’, in Via Portuense), dove lavorava su prodotti progettati e modificati dal gruppo tecnico che dirigeva.
Fu una lunga, lenta agonia che, come spesso avviene con gli ustionati, lasciò Torello Baracchini lucido fino quasi alla fine. Ai funerali di Stato, con il corpo dell’asso di Lunigiana posto sull’affusto di un cannone, presero parte il Re, Mussolini, vari ministri e moltissimi combattenti di ogni arma, oltre a una folla sterminata.

Seppellito al Verano, il 20.6.1965 Flavio Torello Baracchini è tornato a casa, al cimitero di Villafranca in Lunigiana, da dove- molti anni prima- aveva preso il via una vita molto speciale.
Uno degli aerei su cui volò Baracchini, un Hanriot HD. 1, bellissimo con i suoi quattro assi dipinti sulla fragile fusoliera, è conservato presso il Museo storico dell'Aeronautica Militare di Vigna di Valle, sul lago di Bracciano. La decorazione voluta dal pilota significava che quello era l’aereo ‘’dell’asso degli assi’’.
Il ricordo di questo straordinario personaggio deve riportare necessariamente la motivazione delle decorazioni di Guerra:

MEDAGLIA D’ORO AL VALOR MILITARE A FLAVIO TORELLO BARACCHINI
«Abilissimo e arditissimo pilota di aeroplano da caccia, con serena noncuranza del pericolo e indomito coraggio in 30 giorni di servizio al fronte sostenne brillantemente 35 combattimenti aerei, riuscendo ad abbattere 9 velivoli avversari.» — Cielo del basso e medio Isonzo, 15 maggio - 22 giugno 1917

MEDAGLIA D’ARGENTO AL VALOR MILITARE A FLAVIO TORELLO BARACCHINI
Valoroso tra i valorosi, dopo aver conseguito la medaglia d'oro al valor militare per le sue eroiche gesta nei perigliosi cimenti dell'aria, continuò con perseverante tenacia nelle gloriose imprese, compiendo molti voli di guerra e abbattendo in numerosi combattimenti ancora quattro apparecchi nemici. L'8 agosto 1917, ferito gravemente alla faccia e grondante di sangue, continuò ad attaccare l'avversario, ritornando al campo solo quando lo vide precipitare al suolo, colpito dalla sua arma infallibile.» — Cielo del medio e basso Isonzo, 23 aprile - 8 agosto 1917

Dell'uomo Torello va aggiunto un dettaglio assolutamente non trascurabile, sia nella lettura moderna, sia specialmente nell'ottica del suo tempo: che fu, come ci è noto, un tempo di interventismi, di belligeranti, di guerre e di ardimenti. Egli affermò, infatti, in riferimento ai suoi nemici: "Sono dei bravi: se io potessi precipitare l'apparecchio senza ucciderli, ne sarei felice".

Testo di Francesco Falli

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