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Clariond e Ceradelli, l'eredità ideale dei due Carlo In evidenza

Egidio Banti ricorda Carlo Clariond e Carlo Ceradelli, entrambi scomparsi pochi giorni fa.

Sono morti nello stesso giorno alla Spezia - e nello stesso giorno, venerdì, si sono celebrati i loro funerali - Carlo Clariond e Carlo Ceradelli: uniti anche da uno stesso nome di battesimo e, soprattutto, dall'aver militato per decenni in quel laicato cristiano impegnato nel sociale che, articolato e complesso, ha rappresentato però per tutto il lungo periodo del dopoguerra quasi il filo connettivo di questo Paese, ed anche della sua realtà spezzina.

La loro militanza politica e civile nella Democrazia cristiana, della quale erano intrisi sino al midollo delle ossa, si univa in modo del tutto naturale con la testimonianza cristiana, che i celebranti dei due riti funebri - don Fabrizio Ferrari a Gaggiola per Carlo Ceradelli, monsignor Vittorio Tanchio a Valdellora per Carlo Clariond - hanno bene illustrato, anche con aspetti inediti della loro vita di fede.

Clariond, che si è spento alle soglie dei novant'anni assistito dai due figli e dai numerosi nipoti, era per così dire l'uomo della cultura. La sua professione era per così dire "tecnica", e l'aveva portato a rivestire nel campo sanitario funzioni apicali nel settore delicatissimo dell'igiene pubblica.

Ma egli l'ha sempre arricchita appunto con la cultura, rivestendo per decenni la presidenza della sezione spezzina dell'associazione "Dante Alighieri". Ricordiamo, in tale sua veste, due iniziative che ancora proseguono: il concorso diocesano presepi, che proprio grazie al sostegno della "Dante" la diocesi ancora realizza ogni anno, a dimostrazione di come le radici cristiane restino profonde nelle famiglie e nella società di oggi, e il premio poetico "Frate Ilaro del Corvo", istituito a Bocca di Magra nel ricordo di uno studioso e sindaco quale era Ennio Silvestri, e del quale Clariond era stato amico e un poco allievo.

Ma se per Clariond la dimensione di fede si traduceva, come si è detto, nel vivere la cultura come centrale per lo sviluppo della società, per Ceradelli era invece il sociale, nella specifica declinazione del sindacato. Dipendente comunale alla Spezia, era stato tra gli iniziatori e poi a lungo tra i dirigenti del sindacato Cisl enti locali.

Come è stato ricordato nel rito funebre, presenti la moglie Gabriella, i figli e i nipoti, la cortesia e il buonumore erano per lui il segno concreto di un "servizio", il vero antidoto a quell'occhiuta burocrazia che anche oggi viene dipinta, purtroppo senza adeguate contromisure, quale nemica del lavoro e delle famiglie.

Per Ceradelli, spentosi ad ottantuno anni, non era così, e in lui c'era, anche qui, la ricchezza dell'esperienza salesiana, con attività e con impegni concreti di solidarietà che non sono mai cessati. Ancora nei giorni scorsi lo scrittore e giornalista Alessandro Barbano, in un libro sulle prospettive politiche del nostro tempo, ha parlato, ricordando i cattolici di qualche decennio fa, di una "eredità ideale formidabile di pensiero e di metodo".

Un'eredità che rischia di essere perduta, per ragioni che certo non è qui il caso di analizzare. Ma che, se proseguissero senza alternative, non farebbero giustizia alla memoria di persone come i due "Carlo" che insieme ci hanno lasciato e che tanto, anche se molte volte dietro le quinte, quella eredità hanno contribuito a costruirla.

testo di Egidio Banti

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