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Dal CAMeC alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna, l'opera di Ketty La Rocca ancora in trasferta

La mostra riunisce artiste prevalentemente italiane di generazioni diverse, che in differenti contesti storici e sociali hanno raccontato la propria avventura dell'autenticità.

L'opera "Installazione con specchi" di Ketty La Rocca, appartenente alla raccolta permanente del CAMeC, per la seconda volta lascia il museo spezzino per un importante prestito: dopo la trasferta milanese nel 2019 presso i Frigoriferi Milanesi in occasione della mostra "Il soggetto imprevisto 1978 Arte e Femminismo in Italia", è esposta nel progetto espositivo dal titolo "Io dico Io – I say I", a cura di Cecilia Canziani, Lara Conte e Paola Ugolini, che dal 1 marzo al 23 maggio presenta la Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma.

Composta esclusivamente da voci femminili della creatività contemporanea, la mostra riunisce artiste prevalentemente italiane di generazioni diverse, che in differenti contesti storici e sociali hanno raccontato la propria avventura dell'autenticità, restituendo attraverso una costellazione di visioni il proprio modo di abitare il mondo.

Ketty (per l'anagrafe Gaetana) La Rocca, nata alla Spezia nel 1938 e prematuramente scomparsa nel 1976 a Firenze, è considerata una delle più importanti artiste italiane del XX secolo. Il suo lavoro, ormai entrato nella storia dell'arte contemporanea, è presente nelle collezioni del MoMA e del Centre Pompidou.

Esponente di primo piano della Poesia Visiva e, nei suoi ultimi lavori, della Body Art, Ketty La Rocca si è impegnata in una ricerca contrassegnata da audacia e novità di intenti, molto complessa e articolata ancorché forzatamente breve, volta alla riflessione intorno all'ambito della comunicazione. Inizia ad operare negli anni Sessanta partecipando all'attività del fiorentino Gruppo 70 e sperimentando il collage: con la citazione e l'estrapolazione di immagini e messaggi tratti dalla società dei consumi, l'artista intende indagare e rappresentare criticamente le modalità dei nuovi codici espressivi (pubblicità, televisione).

Nel suo lavoro, la poesia visiva, densa di contaminazione fra linguaggi (fotografia, segno, parola), invita il fruitore alla decodificazione; così come la sua pionieristica sperimentazione del video, della performance e dell'installazione sollecita il coinvolgimento interpretativo ed emotivo dello spettatore. La produzione ultima riprende il tema del corpo (citato in lacerti: il cranio, le mani) attraverso l'impiego della fotografia e della radiografia: un'estrema e drammaticamente autobiografica riflessione intorno al tema dell'identità e dell'alterità.

La "Installazione con specchi" (1967) attualmente in prestito per la mostra romana è un'opera cospicua, molto importante e dotata di una speciale valenza site-specific, affidata all'interazione con chi la osserva. Composta da 23 elementi in metallo verniciato e specchi, è stata donata alla raccolte civiche della Spezia dal figlio Michelangelo Vasta in occasione della mostra dedicata all'artista a Monsummano Terme, nel 2001. Esposta al pubblico per la prima volta nello stesso anno presso il Palazzo delle Esposizioni a Roma, l'installazione rappresenta la volontà di indagare il rapporto fra opera, spazio ospitante, spettatore - che incontrando le superfici specchianti entra nell'opera e la modifica - e di ridefinire lo statuto dell'opera stessa.

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