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L'ora di religione: perché sceglierla? Lettera aperta dei vescovi a famiglie e docenti In evidenza

Scadrà il 20 febbraio il termine per le nuove iscrizioni scolastiche. Entro tale data chi vi è tenuto dovrà effettuare la scelta per l'ora di religione cattolica. Scelta importante e, sinora, molto condivisa.

In Italia, lo scorso anno, la scelta ha riguardato l'89,30 per cento degli alunni. In provincia della Spezia l'adesione si colloca all'88.20 per cento, che sale al 90.47 se consideriamo solo gli alunni di origine italiana. Ci sono infatti circa 2500 alunni di origine non italiana, di culture e di religioni diverse. I temi e gli argomenti legati alla fede cristiana, del resto, sono connaturati nella storia e nelle tradizioni del nostro popolo, come confermano i presepi realizzati il Natale scorso in molte scuole.
Il vescovo monsignor Palletti invita tutti a leggere, al riguardo, il testo della lettera aperta scritta dai vescovi italiani, che riportiamo di seguito.
«Cari studenti e genitori, nelle prossime settimane sarete chiamati a esprimervi sulla scelta di avvalersi dell'Insegnamento di religione cattolica (Irc). L'appuntamento si colloca in un tempo di crisi che investe la vita di tutti. Anche la scuola e i contesti educativi, come la famiglia e la comunità ecclesiale, sono immersi nella medesima congiuntura. Noi vescovi italiani, insieme e sotto la guida di Benedetto XVI, animati dallo Spirito Santo che abita e vivifica ogni tempo, vogliamo ribadire con convinzione che la «speranza non delude» (Romani 5,5). Sono proprio i giovani – ricorda a tutti il Papa – che «con il loro entusiasmo e la loro spinta ideale, possono offrire una nuova speranza al mondo... Essere attenti al mondo giovanile, saperlo ascoltare e valorizzare, non è solamente un'opportunità, ma un dovere primario di tutta la società, per la costruzione di un futuro di giustizia e di pace. Si tratta di comunicare ai giovani l'apprezzamento per il valore positivo della vita, suscitando in essi il desiderio di spenderla al servizio del Bene» (Benedetto XVI, Messaggio per la Giornata della pace 2012). Noi vescovi vogliamo anzitutto ascoltare le domande che vi sorgono dal cuore e dalla mente, e insieme con voi operare per il bene di tutti. Lo abbiamo fatto nel redigere le nuove indicazioni per l'Irc nella scuola dell'infanzia, del primo e del secondo ciclo, con l'impegno di sostenere una scuola a servizio della persona. Siamo persuasi, infatti, che la scuola sarà se stessa se porterà le nuove generazioni ad appropriarsi consapevolmente e creativamente della propria tradizione. L'Irc, oggi come in passato, aiuterà la scuola nel suo compito formativo e culturale facendo emergere, "negli" e "dagli" alunni, gli interrogativi radicali sulla vita, sul rapporto tra l'uomo e la donna, sulla nascita, sul lavoro, sulla sofferenza, sulla morte, sull'amore, su tutto ciò che è proprio della condizione umana. I giovani domandano di essere felici e chiedono di coltivare sogni autentici. L'Irc a scuola è in grado di accompagnare lo sviluppo di un progetto di vita, ispirato dalle grandi domande di senso e aperto alla ricerca della verità e alla felicità, perché si misura con l'esperienza religiosa nella sua forma cristiana propria della cultura del nostro Paese. Cari genitori, studenti e docenti, ci rivolgiamo a voi consapevoli che l'Irc è un'opportunità preziosa nel cammino formativo, dalla scuola dell'infanzia fino ai differenti percorsi del secondo ciclo e della formazione professionale, perché siamo convinti che si può trarre vera ampiezza e ricchezza culturale ed educativa da una corretta visione del patrimonio cristiano–cattolico e del suo contributo al cammino dell'umanità. Riteniamo nostro dovere di pastori ricordare, a tutti coloro che sono impegnati nel mondo della scuola, le parole del Papa per questo Anno della fede: «Ciò di cui il mondo oggi ha bisogno è la testimonianza credibile di quanti, illuminati nella mente e nel cuore dalla Parola del Signore, sono capaci di aprire il cuore e la mente di tanti al desiderio di Dio e della vita vera, quella che non ha fine» («Porta fidei», 15)».

 

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