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"La Resistenza ci insegna da che parte stare" In evidenza

“Sebben che siamo donne” a Vezzano, Castelnuovo e Villafranca.

Continua, con grande partecipazione, il giro delle presentazioni del libro di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello “Sebben che siamo donne. Resistenza al femminile in IV Zona Operativa, tra La Spezia e Lunigiana” (edizioni Cinque Terre), che in questi giorni sono inserite nei programmi di Comuni e/o associazioni per celebrare il 25 aprile.

A Vezzano Ligure il libro, dopo le introduzioni di Fiorenzo Abruzzo, Silvano Del Giudice e Sandra Fabiani, è stato presentato da Patrizia Gallotti, che l’ha definito “un importante tassello della storiografia locale, su un tema finora mai studiato” e ha preso poi in esame “le varie tipologie di impegno delle donne -partigiane in armi, staffette, contadine curatrici, madri- tutte contrassegnate dalla scelta morale per il riscatto sociale”. Giorgio Pagano si è soffermato su due protagoniste del libro, la vezzanese Luisa Borrini, che fece la staffetta all’età di quattordici anni, e la santostefanese Giuseppina Cogliolo “Fiamma”, partigiana in armi, che a Vezzano si rifugiò dopo il rastrellamento in Val di Magra del 29 novembre 1944. Pagano ha citato, tra l’altro, un episodio narrato dalla Cogliolo, in cui il coraggio e l’ingegno delle donne fu decisivo per un accordo tra partigiani e tedeschi, con conseguente liberazione degli ostaggi prigionieri dei tedeschi: “la resistenza civile delle donne insegna che per non soccombere servono strumenti quali l’ardimento morale, l’intelligenza, l’adattabilità, la capacità di controllare le situazioni, tipici delle donne”.

Maria Cristina Mirabello ha richiamato il fatto che la Resistenza ha riguardato un'ampia fascia di età, e che però in essa siano molto presenti le età giovanili. Quanto alle donne, che pure avrebbero potuto stare a casa in quanto non richiamate alle armi dalla Repubblica di Salò, nelle pagine del Registro Storico che è conservato all'Archivio dell'ISR La Spezia e che raccoglie tutti i nomi dei partigiani e patrioti, sono ritrovabili donne nate negli anni '80 dell'Ottocento ma anche giovanissime nate nel 1930. “Queste ragazze -ha detto- avevano nel 1945 appena 15 anni, circa l'età degli studenti di Scuola Media che sono in questo momento nella Sala del Consiglio Comunale. Mi auguro e vi auguro che non dobbiate mai fare mai scelte così drammatiche come quelle compiute da tanti giovani nel 1943-45. Comunque la vita ogni giorno implica scelte, piccole e grandi. L'importante è saper individuare da che parte stare. E coloro che aderirono alla Resistenza seppero farlo”.

 

A Castelnuovo Magra il libro, dopo l’introduzione di Katia Ceccarelli, è stato presentato da Simona Mussini (“finora la storiografia è stata in gran parte maschilista, il merito di Pagano e Mirabello è quello di evidenziare che il ruolo delle donne nella Resistenza non fu un semplice ‘contributo’, ma fu decisivo, e che allora iniziò un processo di capovolgimento del ruolo sociale delle donne”) e da Pino Marchini, che ha citato i tanti episodi narrati nel libro che testimoniano il coraggio e l’intelligenza delle donne. Ma, ha aggiunto, “nelle formazioni partigiane le donne furono osteggiate, mentre nel dopoguerra furono dimenticate”.
Pagano ha citato le testimonianze della staffetta castelnovese Vanda Bianchi “Sonia” e delle tante contadine csatelnovesi sostenitrici dei partigiani, in modo particolare nel rastrellamento del 29 novembre. “L’esperienza di Vanda dimostra come il ruolo della staffetta fosse non solo importante, ma anche più pericoloso ancora rispetto a quello delle partigiane in armi”, ha detto Pagano. Che sulle donne contadine ha poi aggiunto: “Nel rastrellamento le donne contadine affrontano il nemico ricorrendo ai più svariati stratagemmi e alle tecniche di dissuasione, tipiche della straordinaria creatività femminile”. Un’altra caratteristica delle donne fu “la pietas verso i corpi dei morti, come dimostra il racconto di Gemma Tenerani sulla morte del fratello Rufinengo e di altri due partigiani”.

Maria Cristina Mirabello ha sottolineato come molte donne, che operarono per la Resistenza e/o dentro la lotta clandestina nelle sue varie forme, non sempre nel dopoguerra richiesero tale riconoscimento, mentre gli uomini lo fecero. Si è soffermata poi sui rapporti di genere uomo-donna, ampiamente trattati nella serie di Ritratti della prima parte del libro e nei documenti di Archivio della seconda. Citando le parole di una staffetta, ha illustrato la complessa situazione determinatasi per l'affiorare alla luce della storia di tante ragazze, “viste come un ausilio prezioso ma anche guardate con qualche diffidenza da parte dei coetanei maschi, mentre una mentalità più aperta ed emancipazionista è denotabile soprattutto in alcuni dirigenti maturi e con vasta esperienza politica alle spalle”.

 

Anche a Villafranca Lunigiana, infine, sala gremita e molto interesse. Dopo le introduzioni di Mara Cavalli, e di Valentina Guerrini, il libro è stato presentato da Paolo Bissoli: “’Sebben che siamo donne’ è un libro che rimane, perché ci racconta una storia trascurata e ci fa riflettere su un punto chiave: ‘Che cosa è accaduto dopo la straordinaria partecipazione delle donne alla Resistenza? Perché poi le donne sono tornate al proprio posto?’”. Giorgio Pagano ha citato le tante testimonianze di donne lunigianesi presenti nel libro: da Laura Seghettini, partigiana in armi, a Adele Cecchini, Maria Cattani e Aurelia Cabrelli, donne di montagna curatrici e sostenitrici di partigiane.
“Nella vita delle donne protagoniste del libro -ha concluso- si intravede l’apertura di una breccia, il principio di un percorso di partecipazione: per tante di loro quei giorni furono ‘vissuti veramente da me’, per usare le parole di una partigiana. Tutte dicono: ‘Però, è stato bello’. Nonostante le tante tragedie. Poi la mentalità dominante portò al ritorno al privato, alla scelta forzata della famiglia e della rinuncia a ogni ambizione. La società ha perduto in questo modo un immenso patrimonio di capacità e di passione. E tuttavia abbiamo avuto la Costituzione, sia pure in gran parte inattuata. Il percorso di liberazione ed emancipazione delle donne non che può ripartire dalla breccia aperta in quegli anni”.

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