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"Nella Resistenza le donne escono dal silenzio" In evidenza

Il libro “Sebben che siamo donne” è stato presentato a Sesta Godano, Sestri Levante e Framura.

 

Il giro di presentazioni del libro di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello “Sebben che siamo donne. Resistenza al femminile in IV Zona Operativa, tra La Spezia e Lunigiana” (edizioni Cinque Terre) ha fatto tappa a Sesta Godano, Sestri Levante e a Framura.

A Sesta Godano, dopo l’introduzione di Antonio Tosi in rappresentanza del Comune, Giorgio Pagano si è soffermato sulle donne delle campagne e delle montagne di Sesta Godano, che sono tra le protagoniste della prima parte del libro, dedicata ai ritratti e alle testimonianze: la Carmela di Antessio, le donne di Godano incarcerate a Spezia perché i loro figli erano disertori della Repubblica di Salò, la Maria di Sesta Godano e tante altre donne di Antessio e Chiusola. “Sono tutti esempi della Resistenza civile -ha detto Pagano- delle donne contadine, che furono curatrici e sostenitrici dei partigiani: senza il loro aiuto, declinato fra silenzio, protezione, assistenza, la Resistenza armata non ce l’avrebbe mai fatta”.
Maria Cristina Mirabello ha richiamato le caratteristiche del lavoro preparatorio svolto in Archivio, su documenti e carte, per spiegare come siano stati ricavati i dati e le riflessioni della seconda parte del libro. La Resistenza, in base alle analisi condotte, ha riguardato un'ampia fascia di età, ma spiccano in essa le fasce giovanili che riguardano uomini e donne. Quanto alle donne in particolare, che pure avrebbero potuto stare a casa in quanto non richiamate alle armi dalla Repubblica di Salò, nelle pagine del Registro Storico conservato all'Archivio dell'ISR La Spezia, e che raccoglie tutti i nomi dei partigiani e patrioti, sono ritrovabili casi di nate negli anni '80 dell'Ottocento ma anche di giovanissime nate nel 1930. Queste ragazze avevano dunque nel 1945 appena 15 anni e hanno saputo compiere una scelta che ha implicato l'assunzione di enormi responsabilità. Non solo, i dati riguardanti le donne potrebbero essere costituiti da cifre molto più grandi se tutte coloro che in qualche modo avevano partecipato alla Resistenza avessero presentato domanda di riconoscimento ufficiale.

A Sestri Levante e a Framura Pagano e Mirabello sono stati intervistati dal professor Renzo Ronconi.
A Giorgio Pagano è stato chiesto, tra l’altro, quale rapporto ci sia tra i suoi studi sulla Resistenza e la sua riflessione sulla politica. “Le testimonianze raccolte in questo libro ma anche nel precedente ‘Eppur bisogna ardir’ ha risposto Pagano- ci dicono che tra il 1943 e il 1945 è nato e cresciuto nella società e nelle persone, nelle donne in particolare, l’ardir”, l’ardimento morale con la sua carica di dirompente rottura. Per ‘ardir’ intendo la capacità di autogoverno delle persone, la concezione della vita come cammino non solo individuale ma anche e soprattutto con gli altri, come immedesimarsi nella sofferenza degli altri. Sono i valori fondamentali dell’umanesimo, i valori della Resistenza italiana ed europea che ho ritrovato, da cooperante, in Africa, nell’umanesimo africano. In Africa ho ritrovato gli stessi valori, in Africa ci sono le stesse donne semplici. La cosa più bella della mia esperienza non è stata l’Africa, ma gli africani, l’umanesimo delle donne africane in primo luogo. Questo è il filo rosso della mia riflessione da tempo. La mia concezione della politica mi ha sempre spinto a partire dalle persone. Ho sempre cercato di farlo, prima da uomo di partito, poi da Sindaco. In miei testi precedenti, dedicati alla sinistra, sono arrivato alla conclusione che sia la sconfitta degli anni Venti sia quella degli anni Settanta sono state determinate dalla concezione prevalente nel movimento operaio, sia comunista che socialdemocratico, con al centro l’assalto allo Stato, la conquista del potere politico, e non la trasformazione della società attraverso un processo dal basso, anche culturale e soggettivo, che aiuta i lavoratori e le persone a governarsi da sé. C’è una frase che cito spesso, è di Bruno Trentin che, in Il coraggio dell’utopia ,dice: “Credo di essere arrivato alla convinzione che l’utopia della trasformazione della vita quotidiana debba diventare il modo di fare politica”. I cambiamenti devono avvenire qui e ora, e diventano reali e duraturi solo se procedono dal basso, dalle persone. In questi anni grandi personalità del mondo cattolico, da don Andrea Gallo a Massimo Toschi, mi hanno ancor più spinto in questa direzione di ricerca: gli assistiti della Comunità di San Benedetto al Porto che diventano assistenti, gli africani che da oggetto diventano soggetto della cooperazione internazionale.
Ecco, le donne resistenti sono un grande esempio di donne che diventano soggetto, donne autonome, capaci di autogovernare le proprie vite”.

Le domande rivolte a Maria Cristina Mirabello hanno riguardato, tra l’altro, in che misura il percorso di maturazione femminile sia stato favorito o causato da un pregresso antifascismo familiare, e se e in quale misura le donne, che tanto avevano dato alla Resistenza di cui avevano potuto essere attive, partecipi, organizzatrici e fiancheggiatrici ( ma tutti questi ruoli furono importanti), abbiano successivamente provato disillusione nel rientrare in una dimensione più conservativa quale fu quella del dopoguerra. Maria Cristina Mirabello, quanto a sostrati pregressi o familiari che possono avere condizionato in positivo l'adesione alla Resistenza, ha illustrato casi specifici in cui esiste in effetti l'influenza del sostrato, “ma l'adesione si manifesta come un atto del tutto libero, spontaneo, espressione di una maturità individuale e di scelta”. Quanto al disagio che alcune protagoniste provarono nel dopoguerra, Mirabello ha detto che esso “emerge come polemica e distacco solo in rari casi, mentre in altri c'è piuttosto un riflusso nel privato, determinato da singole libere scelte per talune ma per molte, nonostante la conquista della Costituzione e dei diritti in essa contemplati, dalla normalizzazione e dal ritorno a un ordine maschile”.

A Sestri Levante l’iniziativa è stata introdotta da Daniela Mangini in rappresentanza del Comune e da Tiziana Fabbro dell’Associazione Amici Biblioteca Civica; a Framura dal Sindaco Andrea Da Passano e da Patrizia Raggio, Segretaria della Sezione Anpi Deiva Marina-Framura.

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