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La denuncia: "Noi restauratori inseriti tra le attività di spettacolo e intrattenimento" In evidenza

Paola Orsolon, presidente del settore restauro di Confartigianato, fa notare l'incongruenza che mette a rischio la professione.

"Dopo vent’anni di aspettativa per la qualifica scopriamo che la nostra categoria professionale di restauratori è stata annessa al codice dell’intrattenimento e spettacolo. Questa scelta non risponde alle caratteristiche della nostra categoria.

Il 26 aprile 2020 è stato emanato dal governo il DPCM che pianifica la ripresa di alcune delle attività produttive. L’allegato 3 del DPCM elenca le attività che potranno ripartire il 3 maggio con tanto di codice Ateco di riferimento dell’attività.

Il codice Ateco è una combinazione alfanumerica che classifica le attività economiche. Le lettere individuano il macro-settore economico mentre i numeri (da due fino a sei cifre) rappresentano, con diversi gradi di dettaglio, le specifiche articolazioni e sottocategorie dei settori stessi.

Il codice individuato per l’attività di restauro è il 90.03.02 ‘Attività di conservazione e restauro di opere d'arte’. Il mio codice, a cui sono iscritta da 35 anni. Scopro con sorpresa che tale codice, mio e di moltissimi altri restauratori, non viene menzionato nell’allegato 3. E come mai, mi sono chiesta?

Bisogna partire dalla macrocategoria in cui i restauratori sono stati inseriti, il codice 90, Attività creative, artistiche e di intrattenimento, il quale comprende varie attività tra cui quella di riferimento ai restauratori il 90.03.02.

Analizzando lo SUAP del Comune di Spezia (Sportello Unico Attività Produttive) alla voce ‘Attività di intrattenimento’ la spiegazione della macrocategoria è: "Per attività di intrattenimento e spettacolo si intendono divertimenti, distrazioni, amenità intenzionalmente offerti al pubblico, in rapporto ai quali si prospetta l’esigenza dell’intervento della pubblica amministrazione a garanzia dell’incolumità pubblica, dell’ordine e della moralità. In particolare per intrattenimento si intendono attività che presuppongono la partecipazione attiva del pubblico come ad esempio discoteche, parchi divertimento e giostre, per spettacolo si intendono attività a cui il pubblico partecipa passivamente come nel caso di spettacoli di danza".

Non sapevo di essere una categoria di ‘intrattenimento’! Vero è che i salti mortali li abbiamo fatti in questi vent’anni di ricerca della qualifica, i giochi di prestigio per riuscire a terminare i lavori nei tempi stabiliti dagli ‘altri’ li facciamo da sempre.

I giochi da piccoli chimici, fra sostanze e solventi, con reazioni a volte inaspettate, ma tutte sotto il nostro attento controllo dato che siamo sapienti ed esperti, sono il nostro pane. In effetti una sorta di spettacolarità c’è nel nostro lavoro ma personalmente la ricondurrei ai magnifici risultati dei lavori di recupero dell’arte danneggiata che noi compiamo quotidianamente molte volte in sordina.

L’errore è stato fatto dalla Commissione Tecnico Scientifica dove nel documento pubblicato il 23 aprile, ha assegnato al codice Ateco 90 un livello 4 (lavoro effettuato in stretta prossimità con altri per la maggior parte del tempo). In prossimità degli ‘altri’! Probabilmente dato che il lavoro del restauratore si svolge per la maggior parte avendo a che fare con cose inanimate, muri, oggetti d’arte e pietre, si fa riferimento ai santi e a Dio che molte volte ci ascoltano, nelle nostre suppliche nel silenzio delle chiese.

Oppure si fa riferimento a tutti quegli insetti o animali che in un luogo poco frequentato abitano indisturbati e operano distruggendo i manufatti artistici. Oppure si fa riferimento ai funzionari, direttori lavori e committenti che nei cantieri e laboratori poche volte presenziano per decidere il da farsi per operare al meglio negli interventi di restauro ma la ‘folla’ è limitata a poche persone e a momenti specifici, in numero e intensità dipendenti dalla complessità degli interventi.

Noi restauratori non apparteniamo a questa definizione, non ci sentiamo degli intrattenitori, non abbiamo il pubblico a cui rivolgerci quotidianamente, operiamo come ditte individuali, siamo piccoli imprenditori, pochi operai, pochi addetti che fra l’altro, collaborano con le ditte edili per la riuscita dei restauri monumentali.

Abbiamo laboratori dove operiamo singolarmente o con pochissimi addetti e siamo già abituati ad avere a che fare con guanti e mascherine, ricordate il ‘piccolo chimico’? Il problema sta all’ISTAT che è il principale produttore di statistica ufficiale a supporto dei cittadini e dei decisori pubblici e ha un ruolo istituzionale.

L’ISTAT è stato incaricato, in questo momento storico, di individuare le attività economiche da sospendere, in applicazione delle misure indicate del DPCM (22/03/2020) e qui entrano in gioco i famosi codici Ateco. L’ISTAT rende disponibili gli strumenti per individuare il codice Ateco di un’attività economica. Il codice non ha valore legale ma semplicemente statistico; può essere utilizzato nelle operazioni di denuncia o di registrazione della propria attività.

I restauratori dopo più di venti anni di aspettativa, molto sofferta, per il riconoscimento della qualifica professionale e dopo la chiusura per questa emergenza sanitaria, devono avere la possibilità di riaprire le loro attività il 3 maggio, sì perché noi non abbiamo né orario né giorni prestabiliti di riposo, lavoriamo sempre, anche la domenica. I cantieri edili e tante altre attività presenti nell’elenco dell’allegato 3 del DPCM del 26 aprile 2020 riapriranno, la nostra è un’attività spesso complementare all’edilizia, di sostegno e completamento nei cantieri.

L’INAIL, tra l’altro, recentemente ha pubblicato un documento tecnico dove riporta il rischio dell’attività del restauro ad un livello medio basso. È quindi illogico equipararci alle attività di spettacolo.

C’è un danno economico notevole nel settore del restauro che perdura da tempo e questo fermo sta dando il colpo di grazia a molte piccole ditte. Abbiamo bisogno di rimettere il paese in piedi al più presto, la ripresa, il ‘Rinascimento’ come mi piace chiamarlo, passa attraverso la nostra professione.

Siamo i “medici” dei beni culturali e siamo professionalmente preparati per la loro conservazione. Auspico che quanto prima venga dato un segnale forte alla nostra professione dandoci strumenti per operare e per renderci attivi alla successiva fase che comprenderà il flusso turistico, dando così respiro anche alle guide di tale settore.

Sperando sia stata una distrazione, degna di una commedia tragicomica da parte dei decisori, questa distrazione va quanto prima assolutamente corretta. Altrimenti, cari colleghi, prepariamoci a considerarci uomini e donne funamboli su questa corda tesa".

Paola Orsolon, presidente settore restauro Confartigianato La Spezia

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