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Confagricoltura Liguria: "Sì al marchio DOP per la taggiasca, per difenderne la qualità e promuoverne l'eccellenza. Poi serve una riorganizzazione strutturale dell'intero comparto olivicolo" In evidenza

In queste ultime settimane è divampata una forte polemica che sta dividendo gli "attori" della filiera olivicola legati alla produzione e trasformazione della monocultivar "Taggiasca".

 

"Il processo di riconoscimento della DOP 'taggiasca' – precisa Renato Oldoini, presidente di Confagricoltura Liguria – che vede l'intero sistema della rappresentanza agricola favorevole alla proposta fatta al Ministero da parte della Regione, è fondamentale per evitare fenomeni cui già da tempo assistiamo, quasi impotenti, non avendo uno strumento di 'tutela' come un marchio DOP è e deve essere. La 'taggiasca' – prosegue Oldoini – è, specie in salamoia, sempre più richiesta dal mercato, anche sulla base di una forte spinta da parte di molti chef, data la delicatezza e la particolarità dei sapori e degli aromi di questa nostra eccellenza".

Secondo Confagricoltura il rischio forte è rappresentato dal fatto che questo aumento della domanda, presente anche per l'olio ricavato da questa cultivar, comporti sia il proliferare di immissione sui mercati di prodotti falsi, ovvero 'spacciati' per taggiasca senza esserlo, sia l'aumento della produzione in zone non vocate a questa cultivar per clima, esposizione e tradizione.

"L'olivicoltura del Ponente, e dell'intera Liguria – continua il presidente di Confagricoltura Liguria – necessita di una riorganizzazione generale che le consenta di stare in maniera più stabile sui mercati e, al tempo stesso, essere appetibile, per esempio per massa critica, per quei mercati che ad oggi vedono nella frammentazione del prodotto un elemento di negatività che li fa desistere dal commercializzare questa nostra eccellenza".

Occorre, secondo Confagricoltura, ragionare in termini di sistema nel suo complesso. Il marchio DOP per la "taggiasca" è solo uno dei tasselli di questa riorganizzazione strutturale e anche di mentalità necessario ad ammodernare l'intero comparto.

"Bisogna partire dal fatto – prosegue Renato Oldoini – che già la frammentazione delle imprese olivicole liguri e imperiesi non facilita certamente la penetrazione dei mercati, a parte quelli locali, in quanto ad aziende piccole corrispondono frammentazioni di quantità di prodotto e livelli qualitativi disomogenei".

"Gli strumenti di accompagnamento delle politiche comunitarie, leggasi il PSR – continua il presidente ligure di Confagricoltura – nel tentativo di essere più efficaci in questo senso, 'premiavano' le imprese di più grande dimensione, dimenticando che l'accorpamento delle 'piccole' o l'aumento delle superfici passano anche per politiche di sostegno sia legiferativo (terre incolte ed abbandonate da mettere nella disponibilità di coloro che vogliono crescere) sia economico (andando quindi a premiare l'accorpamento e non tagliando le piccole realtà) ed in tal senso – conclude Renato Oldoini – la Regione bene si è mossa con una legge sui terreni abbandonati e con una rivisitazione delle soglie di accesso al PSR per le piccole realtà olivicole".

Quindi la DOP deve essere il tassello intermedio di un progetto più articolato che parta, secondo Confagricoltura, da una crescita dimensionale delle aziende, anche attraverso un loro accorpamento, continui con politiche di settore mirate (leggi e strumenti di supporto economico) ed abbia nella DOP il duplice ruolo di "difesa" della qualità e promozione dell'eccellenza.

"Ben venga – conclude il presidente di Confagricoltura Liguria – un confronto allargato a tutti gli operatori della filiera, purchè l'obiettivo comune di noi tutti sia la salvaguardia di una cultivar unica nel panorama olivicolo".

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