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Iacopi contro Pecunia: "Spieghi agli elettori moderati la sua difesa al Comunismo" In evidenza

Prosegue il botta e risposta dopo le parole di Iacopi sul Comunismo

"Leggendo le dichiarazioni della dottoressa Pecunia mi pongo una riflessione- scrive Emilio Iacopi, capogruppo della Lega a Sarzana-  ogni qual volta si parla di comunismo viene tirata in ballo la resistenza. Nessuno mette in discussione la guerra di liberazione che, ricordo, non fu combattuta solamente dai cosiddetti Partigiani Rossi ma da tante persone che vollero combattere per ripristinare la democrazia.
Aggiungo per informazione: anche mio nonno fu deportato in Germania, ed è morto subito dopo il ritorno in Patria per una malattia ai polmoni contratta durante la permanenza in Germania.

Ma sentire il segretario di un partito che si richiama alla democrazia dire sono orgogliosa di essere comunista, allora qualcosa non torna.
Il partito democratico, da tempo, ha tagliato il cordone ombelicale che lo legava al partito comunista, quindi dottoressa una domanda: è la segreteria del Partito Democratico o del P.C.I.? Altrimenti in alternativa dietro la “D” del P.D. Si nasconde una “C”, allora dovrà spiegarlo bene agli elettori moderati che vi votano".

Il commento questa volta è diretto a Federica Pecunia, segretaria del Partito Democratico della provincia spezzina. Pecunia, infatti, nei giorni scorsi era intervenuta nella polemica che da qualche tempo vede il capogruppo Iacopi al centro di numerosi botta e risposta, per aver attaccato il Comunismo.

Dopo lo scontro di Iacopi con il PCI e il PC, scriveva Pecunia sui social: "Ho sedimentato la rabbia di questa dichiarazione. Ho dovuto farlo per due ragioni precise: una è quella legata al tema delle malattie incurabili, l’altra è quella dell’essere comunisti. Non mi sento offesa dalle affermazioni di Iacopi. Mi sento orgogliosa. Le due storie quelle della malattia incurabile e quella del comunismo nella vita della mia famiglia si sono intrecciate per sempre. Mio nonno, Simone Pecunia, padre di mio padre nato a Riomaggiore era un operaio dell’Arsenale Marina Militare iscritto al Partito Comunista. Venne catturato davanti all’arsenale in un rastrellamento e portato in campo di concentramento come prigioniero politico. Ho il suo diario autografo, pagine scritte durante la prigionia, di un giovane di 27 anni che aveva come unica colpa quella di essere un militante del Partito Comunista.

Tornò dal campo, ammalato senza saperlo, di una malattia incurabile per l’epoca: la tubercolosi. Morì a 33 anni dopo 5 anni passati in sanatorio, senza mai aver potuto fare una carezza a suo figlio, che vedeva dietro un cancello crescere senza poter contribuire o partecipare alla sua vita. Io sono la figlia di quel bambino. Mia nonna anni dopo incontro un brav uomo, mio Nonno, partigiano Vampiro, a 17 anni fuggito alla cattura ad Alessandria e arrivato a piedi a Spezia per tornare ai monti.

La guerra è finita, oggi mio nonno ha 93 anni e mio padre ha vissuto una vita nel ricordo e nella celebrazione della Resistenza e dei suoi valori, fiero di essere Comunista e fiero della sua famiglia, anche di quella allargata. Se ne è andato a 59 anni da Comunista, orgoglioso, e io oggi ho un bagaglio da trasferire ai miei figli che è come una inestimabile eredità. Più preziosa di qualunque altro bene. Il 12 agosto, leggendo con mio figlio tutta la storia dell’eccidio di Sant’Anna di Stazzema ho capito che sto andando nelle direzione giusta: Gianmarco alla fine della storia mi ha detto sono orgoglioso di avere un nonno partigiano. Dunque attenzione: se essere comunisti è una malattia incurabile di fronte alla storia passata e quella presente io spero di non guarire da quella malattia. Ma prima di usare certi termini, un esponente politico, dovrebbe pensare bene a ciò che dice e rispettare innanzitutto chi combatte davvero il male. Agosto, parole al vento, ferite, vita privata riversata sui social solo perché non si perda mai".

 

 

 

 

 

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