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"Bisogna ripensare il sistema sanitario ligure" In evidenza

Le problematiche principali secondo il PD.

Ogni catastrofe porta con sé, oltre al dramma ed all’emergenza del momento, anche l’occasione per riflettere su quegli aspetti della società che hanno fatto si che non si affrontasse al meglio gli eventi.

Oggi la catastrofe si è materializzata con una nuova pandemia mondiale, ed il settore della società principalmente coinvolto nella lotta ad essa è stato, ed è, quello della sanità.
In Italia le risposte che i sistemi sanitari hanno dato si sono tradotte in scelte profondamente diverse. Non è una novità: sono sistemi impostati dalle Regioni in base ai propri indirizzi politici.
Sicché abbiamo potuto osservare territori, con alle spalle una rete organizzata in un certo modo, fare scelte di un certo tipo; ed altri, compiere decisioni di direzione opposta, figlie di un diverso modello di organizzazione.
L’occasione è quella di capire dove si è affrontato meglio il fenomeno, prendere d’esempio quelle realtà che, con i numeri, hanno dimostrato di sapersela cavare meglio. Non perché di un determinato colore politico, semplicemente per l’impostazione di base che si sono date; capace di fornire nel corso del tempo ed in condizioni normali, un servizio di qualità ai propri cittadini, e di dimostrarsi più resistente nella battaglia contro la pandemia.

Prendiamo atto dei numeri della Liguria per dire chiaramente che occorre ripensare nel profondo il nostro sistema sanitario. Le mancanze, i ritardi, le storture, i cortocircuiti che i liguri hanno affrontano nella quotidianità degli anni, durante l’emergenza sono emersi in tutta la loro drammaticità. A questi, figli di scelte passate, si sono sommate decisioni che, proprio perché ragionate secondo quei principi, si sono rivelate profondamente errate.

Non vogliamo buttarla in polemica, ma l’emergenza sanitaria rimane il punto di partenza, il campo di battaglia su cui riorganizzare una strategia in difesa della salute. Perché il virus non scomparirà. Dovremo conviverci. E gli esperti già dicono che, con grande probabilità, il prossimo autunno ne porterà una nuova e massiccia ondata.

Dobbiamo farci trovare pronti, sicuramente meglio strutturati di come ci siamo fatti trovare oggi. Altrimenti potremo essere, per la seconda volta, tra i primi luoghi per alto tasso di mortalità e per minor numero di test effettuati. Esiste quindi, oggi più che mai, l’apertura di un conflitto di visione su quello che dovremo essere.

Qual è nella sanità ligure, quel fattore che ci ha fatto trovare se non impreparati, almeno incapaci di evitare quel primato che dicevamo poc’anzi? L’organizzazione della rete sanitaria. Un modello fortemente “ospedalocentrico”, nemico dell’alternativo modello di rete sanitaria più articolata ed organizzata sul territorio.
La pandemia ha fatto breccia in questo modello, facendoci toccare con mano tutta una serie di debolezze ed errori: mancanza di percorsi separati tra pazienti Covid e non; assenza di più laboratori che consentissero fin da subito l’aumento del numero di test effettuati, e una celerità nelle risposte, cosicché si potessero mettere in sicurezza fin da subito subito i pazienti positivi; l’indisponibilità di strutture dove collocare i malati, senza il rischio di favorire ulteriormente la diffusione della malattia in strutture private o in RSA, con soggetti deboli già al loro interno; tantissimi medici di famiglia che, volendo dare il proprio contributo, non si è riusciti a mettere nelle condizioni celeri e consone per aiutare nel migliore dei modi; squadre territoriali (GSAT) costituite e effettivamente operative solo molte settimane dopo lo scoppio dell’emergenza.

Ancora: in altre Regioni abbiamo assistito a un reclutamento straordinario di centinaia di operatori sanitari capaci di rinforzare quei reparti che avevano più bisogno. Nella nostra Regione siamo arrivati tardi e il personale assunto è stato meno rispetto a quanto sarebbe realmente servito. Decisione in linea con i pochi investimenti sulle risorse umane di questi ultimi 5 anni. Basta vedere alla questione delle OSS, figure fondamentali in queste settimane, ma figlie di un problema irrisolto.

Ci sono un sufficiente numero di esempi per capire che occorre quanto mai cambiare il paradigma. Con senso di responsabilità sentiamo come esigenza primaria quella di un modello alternativo. Dopo tante parole spese sull’utilità di sviluppare una rete sanitaria articolata e fatta di presidi sparsi sul territorio è giunto davvero il momento di disegnarla sulla carta e di realizzarla.

Vogliamo porre inoltre l’urgenza di una riforma complessiva del rapporto tra Stato e Regioni proprio in materia sanitaria. Non è più accettabile che si continui a operare in questa asimmetria. La salute dei cittadini va difesa in egual misura, da nord a sud, da est a ovest. Si guardi ad un modello sanitario nazionale unico, in grado, questa volta si, di far fede ad un principio di sussidiarietà comune, evitando sprechi e i modelli clientelari sostenuti dalla peggiore logica spartitoria.

Come Democratiche e Democratici non possiamo rinunciare alla prospettiva della costruzione di una visione alternativa. E’ anche questo il senso politico e morale della nostra azione. E lo porteremo avanti a cominciare dalla discussione che avremo lunedi sera, in Consiglio Comunale


Marco Raffaelli
Dina Nobili
Luca Erba
Massimo Baldino Caratozzolo

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