Se non saranno apportate modifiche al decreto legge 201/2011, convertito nella legge 214/2011, numerosi lavoratori donatori di sangue, che hanno avviato i conteggi per accedere alla pensione anticipata, si vedranno allungare i tempi per andare in pensione.
In questi giorni, le associazioni e i donatori hanno segnalato il problema che si sta drammaticamente verificando. Infatti, nonostante il donatore abbia diritto, dopo ogni donazione di sangue, a una giornata di riposo - ai sensi dell'articolo 8 comma della legge 219/05 e secondo quanto ancora riportato sul sito ufficiale dell'Inps - tuttavia con l'entrata della riforma del lavoro, il lavoratore che dona il sangue è obbligato a recuperare le giornate di riposo di cui ha goduto prima di poter andare in pensione, allungando in tal modo i tempi dell'attività lavorativa o, in alternativa, a rinunciare al 2% dell'importo della pensione.
Ritengo che questo fatto sia estremamente grave e pregiudizievole per i lavoratori donatori di sangue, in primis a livello di metodo, in quanto tale disposizione dovrebbe avere valore retroattivo, applicandosi anche a coloro che negli anni precedenti hanno donato il sangue, senza poter immaginare che tale attività, volontaria e svolta per impegno morale, avrebbe potuto danneggiarli. Per far un esempio concreto, dai calcoli effettuati dalle associazioni, una persona che dall'età di 18 anni dona il sangue con regolarità, e cioè 4 volte l'anno, si vedrà costretto a recuperare circa 160 giorni di regolare permesso dal lavoro
In secondo luogo, penso che la norma introdotta sia un atto gravissimo sul piano del merito: infatti penalizza fortemente l'attività di raccolta di sangue, un gesto nobile, altruistico e soprattutto necessario alla salvezza di molte vite umane. Penalizzare i lavoratori donatori significa svilirne l'impegno sociale e addirittura punirne il ruolo, anziché, come forse più logico, premiarne l'attività volontaria al servizio della salute pubblica».